Ho festeggiato il mio primo compleanno a #SuPallosu in una capanna di falasco e mattoni costruita da mio nonno sulla spiaggia. Per tutti i #Riolesi quella spiaggia è da generazioni il #mare. Il nostro mare. Il mare della vita spensierata. Della comunità. Dello stare insieme con semplicità.
Nei mesi estivi a partire dagli anni Sessanta tutto il paese andava in villeggiatura, trasferendosi mogli, bambini, polli e galline nella allora ridente località balneare. Non c'era acqua corrente, nè televisori. Vita spartana con il mare negli occhi. Si camminava scalzi tutto il giorno e si era felici.
La capanna di mio nonno era anche tra le più belle. Aveva persino il pavimento con le piastrelle. Un vero lusso per le condizioni dell'epoca.
Ho ricordi avvolti dalla nebulosa della tenera età, dalla confusione per quanto credo di aver realmente vissuto e quanto mi è stato raccontato. Guardo le fotografie e vedo gioia. Si era poveri ma felici. Purtroppo non ho potuto festeggiare altri compleanni in quella capanna. Il progresso ha imposto nuove regole. Basta accampamenti abusivi sulle spiagge. La civiltà impone regole urbanistiche e sanitarie. Un uso differente degli spazi comuni.
Le case vanno lottizzate. E così fu. Anche se per chi l'ha conosciuto #SuPallosu oggi famoso per la #comunitàfelina e le #aragoste era più bello allora. Perchè seppure abusivi i #riolesi se ne prendevano cura. Lo abitavano e amavano.
Era il loro mare.
Oggi il mare di chi è? Un interrogativo che mi assale da tempo e ora assume un'urgenza pregnate, insegue la cronaca.
Sin da piccola mi hanno insegnato che dopo una mareggiata quello che il mare porta sulla spiaggia può diventare di proprietà di chi lo trova, se non viene leggittimamente reclamato da il possessore originario. Di chi sono i cadaveri dell'#isoladeiconigli?